Fu edificato nella seconda metà del 1400 su una preesistente basilica paleocristiana. La sua architettura si ispira all’opera del Brunelleschi che in quegli anni aveva gettato le basi della nascente architettura rinascimentale, (vedi la basilica di S. Lorenzo a Firenze, alla quale probabilmente l’artista si è ispirato). L’elegante facciata con le due gradinate d’accesso a ferro di cavallo e i bei portali arricchiti dai classici lacunari, fu ultimata, nella parte superiore, alla fine del 1600.
L’interno a tre navate divise da snelli pilastri in peperino è sobrio ed austero. La pala dell’altare maggiore, databile intorno alla metà del ‘600, è di buona fattura e rappresenta S. Anselmo recante in mano la città di Bomarzo, che viene presentato dall’angelo alla Vergine Assunta in cielo (alla quale il Duomo è dedicato) come novello Tobia, per aver guarito dalla cecità un famigliare del Duca Lante (nell’antico Testamento, Tobia guarì un cieco con il fiele di un pesce). La tela è stata restaurata nel 1978.
Sulla parete sinistra del presbiterio e sulla volta, arricchita di stucchi dorati, affreschi del XVI secolo con scene della vita della Vergine, mentre più recente è l’affresco sulla parete destra raffigurante il miracolo della ghianda operato da S. Anselmo.
Due giganteschi candelabri lignei della fine del ‘500 fiancheggiano lo splendido altare maggiore contenente le reliquie di S. Anselmo, opera marmorea del tardo rinascimento.
In fondo alla navata destra, affrescato all’interno di una nicchia e mutilato dei personaggi che in origine fiancheggiavano il Santo, il martirio di S. Sebastiano, inizio del XVI secolo (altare di S. Sebastiano – Madonna in trono- ).
Sulla parete destra una tela rappresentante la Vergine del Rosario, della fine del ‘600.
Proseguendo, in una piccola abside ricavata nel muro perimetrale, bellissimo ma in precarie condizioni, l’affresco della Maestà, con Maria assisa in trono assieme al bambino e Santi, di scuola Umbra di fine ‘400.
Più avanti, in un vano del muro, fa mostra di se un sarcofago romano in marmo, con coperchio a due croci di epoca Carolingia, VIII-IX secolo.
Sopra il confessionale, una tela rappresentante S. Anna e la Vergine bambina di scuola Lombarda del secolo XVII.
Navata Sinistra: in fondo alla navata sinistra l’altare della Madonna del Rosario con affresco della fine del ‘400; consueta l’iconografia della donazione del S. Rosario ad alcuni religiosi; da notare i due bambini inginocchiati ai piedi della Madonna, sicuramente i figli del committente. Nei lacunari in stucco che circondano l’altare, sono ancora in parte visibili alcune rappresentazioni dei misteri del Rosario. L’altare marmoreo è stato anteposto all’affresco in un secondo tempo, visto che le pitture arrivano fino al piano del pavimento.
Sopra la porta che conduce in sacrestia, si notano i resti dell’affresco col battesimo di Gesù, comprovante l’antico utilizzo di questo locale attiguo, a fonte battesimale; più in alto, in una elegante cornice barocca, una tela raffigurante l’assunzione di Maria, inizio del XVII secolo.
Nella nicchia ora adibita a battistero, la bella acquasantiera sorretta da un capitello, anch’essa di epoca Carolingia.
Proseguendo, si incontra l’altare della Madonna detta del “Pozzarello”; la Sacra immagine fu trasportata in Duomo dopo l’abbandono dell’omonima chiesa, nel 1933, ed è stata restaurata nel 1978.
Sopra la porta secondaria che immette in un cortile veramente suggestivo, una tela rappresentante il martirio di S. Giovanni Battista, secolo XVI, proveniente dalla Chiesa della Misericordia. Sul pavimento della navata è visibile una grossa pietra tombale, unico superstite dei sei accessi all’ossario, oggi purtroppo riempito di detriti.
Dopo l’altare di S. Giuseppe, sulla parete del quale sono visibili tracce d’affresco, troviamo una tela raffigurante S. Carlo Borromeo, di mediocre fattura, proveniente anch’essa dalla Chiesa della Misericordia.
La grossolana tempera settecentesca, sopra l’arco trionfale, raffigura l’incoronazione di Maria con schiere di Santi e profeti.
Di pregio sono invece le due colonne marmoree, provenienti da un edificio di epoca romana, che sorreggono le statue di stucco di S. Pietro e S. Paolo.
All’esterno dell’edificio, sotto la loggia della facciata, vi è un’apertura che dà accesso al pozzo pubblico, unica risorsa idrica all’interno delle antiche mura. La lapide posta sul muro di fondo, visibile attraverso la grata, ne ricorda la costruzione. Questo il contenuto:
“questa cisterna, lavoro di Gian Corrado Orsini, scavata con fatica ed operosità, per la sua morte, la nuora Giulia Farnese portò a compimento e dedicò ad uso pubblico. Era il marito Vicino in guerra in Germania nel 1546”.
Nel Duomo sono custodite, con venerazione dei bomarzesi, le reliquie di S. Anselmo, Patrono di Bomarzo, vissuto alla fine del VI secolo.
Gli avvenimenti della vita di questo Vescovo, che la Chiesa ha annoverato fra i Beati, ci furono tramandati da un monaco orvietano vissuto qualche secolo più tardi, il quale vergò gli “Atti di S. Anselmo”. Il manoscritto originale andò perduto nel secolo scorso, poiché il “Marocco”, nel 1845, afferma di averlo cercato invano in tutti gli archivi di Orvieto. Fortunatamente l’archivio della curia di Bagnoregio ne conserva una trascrizione.
Unico riferimento cronologico che questi “Atti” riportano è l’incontro che il Pastore ebbe con il re dei Goti Totila.
L’incontro, impari, viene ricordato per il miracolo operato dal Santo: “non dimostrando Totila alcun rispetto per il venerando uomo di fede che gli si faceva incontro benevolmente, lo fece imprigionare. Le preghiere e le sofferenze del Santo furono accolte da Dio, che fece cadere sull’esercito nemico una pioggia di ghiande di piombo mettendolo in fuga”.
La stessa fonte ci da notizie anche sull’elezione di Anselmo a Vescovo, e di altri miracoli operati in vita.